In una società in continuo mutamento, dove i ritmi sono sempre più dettati dalle procedure algoritmiche e sostanzialmente legati ad una percezione di necessaria produttività del tempo, stiamo assistendo ad una progressiva liquefazione dei concetti di educazione, didattica, scuola. Le istituzioni scolastiche e formative sono sempre più chiamate a centrare la propria azione più che sulla trasmissione di contenuti e conoscenze, sulla capacità di essere e saper essere. Essere cittadini di un mondo in cui si aprono infinite possibilità, senza restare travolti o imbrigliati nelle logiche che paiono adattarsi più che ad un mondo culturalmente globalizzato, ad una realtà globalizzata dal punto di vista del mercato e dell’economia in cui ogni tassello è necessario ma non fondamentale, utile eppure fungibile. Appare necessario in questa fase dell’antropocene caratterizzata dalla fioritura di una tecnologia sempre più pervasiva di macchine artificialmente intelligenti, sostanziare la ricerca e la discussione scientifica di nuovi apporti che possano dimensionare il ruolo dell’umanità e dell’umano, soprattutto per quanto concerne la propria collocazione come esseri-nel-tempo ed esseri-del-tempo. Non possiamo più limitarci all’on-line: l’on-life è già qui (Floridi, 2015).
In questa prospettiva appare utile riportare e riorientare la ricerca più che al rapporto che le tecnologie possono intrattenere con l’umano, al rapporto che l’umano intrattiene con esse. Ed il corpo assume una nuova centralità, sia alla luce delle neuroscienze, sia alla luce della necessità di un nuovo principio di etica e di responsabilità (Jonas, 2014). Come lente interpretativa della corporeità intesa come punto nodale di ogni acquisizione cognitiva dell’essere umano, utilizziamo l’approccio scientifico dell’Embodied Education (di seguito EE), con particolare riferimento al paradigma di Embodied Cognition.
«L’Embodied Cognition sostiene proprio l’affermazione che il cervello, seppur importante, non è l’unica risorsa che abbiamo a nostra disposizione per generare comportamenti: difatti la forma del nostro comportamento emerge dall’interazione, in tempo reale, tra il sistema nervoso di un corpo ed un ambiente che offre opportunità ed informazioni per quella determinata azione.»[1] In questa dinamica di continua relazione con sé stesso e con l’ambiente, il corpo plasma la sua conoscenza del mondo, superando la concezione scientifica che lo vorrebbe mero oggetto di valutazione per acquisire, in definitiva, la dignità di soggetto di cognizione (Gomez Paloma, 2013).
È, dunque, in questo contesto che viene a svilupparsi una pratica formativa da intendersi sempre più come possibilità laboratoriale, composta da una proposta metodologica che si avvale di una pluralità di strumenti che possono rimodulare i setting di apprendimento e di favorire le relazioni-interazioni tra soggetti. Il laboratorio, dunque, come luogo nel luogo, come possibilità di attivazione delle risorse cognitive, fisiche ed emozionali della persona in riferimento alla possibilità di esprimere e di vivere relazioni con sé stesso, con l’altro da sé, con gli oggetti fisici e gli artefatti culturali (Griswold, 1997) che vengono a prodursi in tali contesti. È possibile, in altre parole, ri-creare il setting formativo in ambienti di apprendimento digitale? Dobbiamo, dunque, accedere ad una riflessione complessa che rifugga da semplificazioni. Evitare, cioè, di credere che sia possibile traslare semplicisticamente significati (e possibilità di costruire tali significati) in maniera filologica, da un ambiente ad un altro, dando per scontato le profonde differenze che sussistono tra i due setting. Internet appare sempre di più come una sfera semiotica di dimensioni crescenti che tende ad assorbire ogni comunicazione (De Carli, 1997)
Nell’ottica, dunque, di un’azione propriamente intenzionale da parte del docente che opera nel sistema formativo attuale, considerando l’unicità e l’individualità irripetibile di tutti gli attori coinvolti, la progettazione dell’attività di ricerca e delle attività poste in essere oggetto della stessa, devono provare funzionalmente a strutturarsi rispetto ad un pensiero inclusivo, rivolto all’universalità delle condizioni umane.[2] Un approccio non assistenziale, ma esistenziale, sostanziale, attento alle particolarità di ognuno, dichiaratamente aperto a tutti, ciascuno secondo la propria possibilità. Una progettazione potenzialmente abilitativa, non ri-abilitativa o abilitativa in senso stretto. In questo senso è necessario porre particolare attenzione nell’evitare una moltiplicazione malthusiana delle metodologie didattiche, basate o meno sull’avvento delle AI, muovendosi nella direzione della promozione diun’esperienza di apprendimento che possa dirsi situato, concreto, produttivo, aperto, indipendentemente dal contesto in cui esso si esplichi, comprendendo profondamente la connessione tra i meccanismi di funzionamento del sistema corpo-cervello e le nostre competenze cognitive e sociali.
Come ci ricorda Vittorio Gallese, infatti:
«Com’è possibile studiare la soggettività e l’intersoggettività descrivendole scientificamente senza limitarsi a comprenderle nel mondo ineffabile dell’introspezione? Uno degli obiettivi delle neuroscienze cognitive è comprendere la connessione tra i meccanismi di funzionamento del sistema corpo-cervello e le nostre competenze cognitive e sociali. Ma il tema dell’intersoggettività è inscindibilmente legato a quello del soggetto. Lo studio neuroscientifico non può, quindi, eludere il problema della soggettività, e dell’esperienza che la costituisce.»[3]
Chi lavora nel campo della formazione ha la responsabilità, quindi, di accompagnare l’azione di apprendimento del soggetto, rispettando i tempi e le caratteristiche dell’altro, intendendolo come sistema complesso di significati, che apprende nuovi significati e, contestualmente, ne produce continuativamente di nuovi. In ultima analisi, l’apporto dell’EE può essere un fattore fondamentale per situare l’apprendimento nella soggettualità, tenendo conto degli spazi, dei tempi, delle relazioni che si esplicano in ogni setting educativo e formativo alla luce delle moderne rivoluzioni scientifiche, epistemologiche, sociali ed antropologiche che stiamo attraversando. In particolare per il mondo della scuola, il volume scientifico “Manuale delle Scuole ECS” (Gomez Paloma, Damiani, 2021) rappresenta la testimonianza di quanto sia necessario e urgente questa trasformazione paradigmatica epocale.
[1] Gomez Paloma F., Embodied Cognitive Science. Atti incarnati della didattica, Ed. Nuova Cultura, 2013, pag. 32.
[2] Per approfondire: Savia, (A cura di) Universal Design for Learning. La Progettazione Universale per l’Apprendimento per una didattica inclusiva. Erickson, Trento, 2016.
[3] Gallese V., Neuroscienze cognitive: tra Cognitivismo classico ed embodied cognition. Psichiatry Online Italia, 06/2013.